SANTA PASQUA

Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa”.

Questo trionfo è espresso dal canto di gioia della Chiesa, la quale, nella notte santa che segna la rinascita dell’uomo, attende la Luce nuova e proclama: “Esulti il coro degli angeli, esulti l'assemblea celeste: un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto. Gioisca la terra inondata da così grande splendore; la luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo”. Per questo “gioisce la madre Chiesa, splendente della gloria del suo Signore” che ha lottato da solo e ha vinto (cfr. Is 63, 1-5).

In questa mistica notte ciascun membro della Chiesa interpella Maria di Magdala come testimone: "Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?", ed ella risponde: "La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto, e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti. Cristo, mia speranza, è risorto; e vi precede in Galilea".

Anche noi, uniti a questa testimonianza concessaci per grazia e non certamente per merito, possiamo ripetere: “Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto!”.  


DOMENICA DELLE PALME

Con la Domenica delle Palme, con cui si ricorda l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme per andare incontro alla morte, inizia la Settimana Santa durante la quale si rievocano gli ultimi giorni della vita terrena di Cristo e vengono celebrate la sua Passione, Morte e Risurrezione.

Il racconto dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme è presente in tutti e quattro i Vangeli, ma con alcune varianti: quelli di Matteo e Marco raccontano che la gente sventolava rami di alberi, o fronde prese dai campi, Luca non ne fa menzione mentre solo Giovanni parla di palme (Mt 21,1-9; Mc 11,1-10; Lc 19,30-38; Gv 12,12-16).

L’episodio rimanda alla celebrazione della festività ebraica di Sukkot, la “festa delle Capanne”, in occasione della quale i fedeli arrivavano in massa in pellegrinaggio a Gerusalemme e salivano al tempio in processione. Ciascuno portava in mano e sventolava il lulav, un piccolo mazzetto composto dai rami di tre alberi, la palma, simbolo della fede, il mirto, simbolo della preghiera che s’innalza verso il cielo, e il salice, la cui forma delle foglie rimandava alla bocca chiusa dei fedeli, in silenzio di fronte a Dio, legati insieme con un filo d’erba (Lv. 23,40). Spesso attaccato al centro c’era anche una specie di cedro, l’etrog (il buon frutto che Israele unito rappresentava per il mondo).

Il cammino era ritmato dalle invocazioni di salvezza (Osanna, in ebraico Hoshana) in quella che col tempo divenuta una celebrazione corale della liberazione dall’Egitto: dopo il passaggio del mar Rosso, il popolo per quarant’anni era vissuto sotto delle tende, nelle capanne; secondo la tradizione, il Messia atteso si sarebbe manifestato proprio durante questa festa.


Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo

Il prossimo 29 Giugno, alle ore 19, le monache Benedettine di C.da Agnano, invitano fedeli e conoscenti a vivere, insieme alla comunità monastica, la Festa di San Pietro, Titolare del loro Monastero.

A presiedere la celebrazione sarà il nostro nuovo Arcivescovo, Mons. Giovanni Intini che, al termine della funzione religiosa, saluterà i partecipanti presenti.

Le monache provvederanno ad un momento di ristoro per favorire la comunione e la gratitudine a Dio per quello che opera nella vita di ognuno.


Santa Scolastica

O Santa Vergine Scolastica, dolce sorella del Padre Benedetto, che per la tua intensa preghiera e il tuo più grande amore sei stata esaudita dal Signore, con la tua potente intercessione ottienici un’abbondante pioggia di grazia affinché, nulla anteponendo all’amore di Cristo, facciamo della nostra vita un’incessante preghiera a salvezza di tutto il mondo. Amen.


Festa Sacra Famiglia

Santa e dolce dimora,
dove Gesù fanciullo
nasconde la sua gloria!

Giuseppe addestra all'umile
arte del falegname
il Figlio dell'Altissimo.

Accanto a lui Maria
fa lieta la sua casa
di una limpida gioia.

La mano del Signore
li guida e li protegge
nei giorni della prova.

O famiglia di Nazareth,
esperta del soffrire,
dona al mondo la pace.

A te sia lode, o Cristo,
al Padre ed allo Spirito Santo.
Amen


La solennità di tutti i Santi

La Solennità di tutti i Santi ci ricorda che la santità non è uno stato di beatitudine fuori dall’esperienza della vita, ma è una beatitudine nascosta al fondo di questa nostra vita.

E anche lì dove c’è pianto, mancanza, ingiustizia, cose che non vanno, lì è nascosta una gioia che la si può incontrare solo a patto che si smetta di desiderare solo di avere un’altra vita, e si comincia ad approfondire la propria.

Siamo nati per la Santità

La chiamata alla santità è la chiamata a valorizzare quel lato della nostra vita in cui facciamo più fatica, in cui ci sperimentiamo perdenti, poveri, scartati. È un lato della nostra vita che solitamente nascondiamo, di cui abbiamo vergogna ma che se consegnato all’amore di Dio diventa il nostro vero capolavoro. Infatti i santi non sono innanzitutto coloro che fanno qualcosa, ma coloro che si lasciano fare dall’Amore di Dio. Essi ristabiliscono il primato di Dio nella loro vita, e non si lasciano sedurre né da sé stessi, né da quello che di bello o di brutto gli sta capitando.

Chi scopre questa via non ha una luce intorno alla testa, ma una luce interiore che lo fa camminare da amato anche in mezzo alle sventure.

La santità – ha ricordato recentemente Papa Francesco – "non è fatta di pochi gesti eroici, ma di tanto amore quotidiano”.

Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa.

Sei uno studente o un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli.

Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù

Sei un consacrato/a ? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione

I santi sono un popolo di affidati a cui oggi noi tutti ci affidiamo perché ci insegnino il loro stesso segreto.


Solennità dell' Assunzione della Beata Vergine Maria

COSI' MORI' LA VERGINE MARIA SECONDO SAN JUAN DAMASCENO, DOTTORE DELLA CHIESA 🌹🕯

“La Madre di Dio non è morta di malattia, perché non ha dovuto ricevere il castigo della malattia perché non aveva il peccato originale. Non è morta di vecchiaia, perché non doveva invecchiare, poiché non le è venuta la punizione per il peccato dei primogenitori: invecchiare e finire per debolezza. È morta d'amore. Il desiderio di andare in paradiso dove era suo Figlio era così grande che questo amore l'ha fatta morire.

Circa quattordici anni dopo la morte di Gesù, quando aveva già speso tutto il suo tempo insegnando la religione del Salvatore a grandi e piccini, quando aveva consolato tante persone tristi e aiutato tanti malati e moribondi, fece sapere agli Apostoli che ora si avvicinava la data di lasciare questo mondo per l'eternità.
Gli Apostoli l'amarono come la più gentile di tutte le madri, e si affrettarono a viaggiare per ricevere dalle sue labbra materne l'ultimo consiglio, e dalle sue sacrosante mani l'ultima benedizione.
Arrivarono, e con copiose lacrime, e in ginocchio, baciarono quelle mani sante che tante volte le avevano benedette. Per ciascuno di loro l'Eccelsa Signora ebbe parole di conforto e di speranza. E poi, come chi si addormenta nel più placido dei sogni, era Lei santa che chiudeva gli occhi; e la sua anima, mille volte benedetta, partì per l'eternità.

La notizia si diffuse in tutta la città, e non c'era cristiano che non venisse a piangere con il suo corpo, come per la morte della propria madre. La sua sepoltura sembrava più una processione pasquale che un funerale. Tutti cantavano l'Alleluia con la più viva speranza di avere ora un potentissimo Protettore in cielo, che intercede per ciascuno dei discepoli di Gesù.
Nell'aria si sentivano aromi molto morbidi ma forti, e ognuno sembrava udire armonie musicali molto morbide. Ma, Tommaso Apostolo, non era riuscito ad arrivare in tempo. Quando arrivò erano già tornati dalla sepoltura della Madonna.
Pedro, - disse Tomás- Non puoi negarmi il grande favore di poter andare alla tomba della mia amatissima madre e dare un ultimo bacio a quelle sante mani che tante volte mi hanno benedetto. E Pedro ha accettato.

Andarono tutti al Santo Sepolcro, e quando furono vicini ricominciarono a sentire nell'ambiente aromi morbidissimi e nell'aria una musica armoniosa.
Aprirono il sepolcro e invece di vedere il corpo della Vergine trovarono solo… una grande quantità di fiori molto belli. Gesù Cristo era venuto, aveva risuscitato la sua Madre benedetta e l'aveva portata in cielo.
Questo è ciò che chiamiamo L'Assunzione della Vergine Maria.
E chi di noi, se avesse i poteri del Figlio di Dio, non avrebbe fatto lo stesso con la propria Madre? "


XVIII Domenica del Tempo Ordinario

"Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”( Lc 12,15)

Il Vangelo di questa domenica ci offre una meditazione profonda sul valore della vita: è il bene che abbiamo ricevuto per l’eternità, quindi vale tutto quello che ci fa crescere in vista dell’eternità, mentre tutte le altre cose possono essere mezzi ma mai il fine.

Troppo spesso pensiamo che la nostra vita dipenda dal verbo “avere”.

Ma la nostra vita dipende da altri due verbi: il verbo “essere” e il verbo “amare". Se hai passato la vita a cercare di "avere" dimenticandoti di "essere" e di "amare" allora sappi che hai vissuto una vita da stolto.

Purtroppo, da sempre l’uomo cerca di appoggiare la propria vita sul possesso delle cose dimenticando o ignorando deliberatamente che è invece chiamato a ereditare il regno dei cieli, a possedere il sommo bene, Dio stesso e a possederlo non egoisticamente ma nella reciprocità dell’amore.

Un saggio desiderio

Il Signore Gesù ci invita a dirigere i nostri cuori verso di Lui e a lasciarci penetrare dalla sua luce per non vivere da stolti, ma da saggi.

In tutti i momenti della nostra esistenza dovremmo sempre domandarci: «Che cosa sto cercando? Che cosa mi impedisce di camminare agilmente?». Se noi facciamo dipendere la nostra serenità, la nostra gioia, da quello che è umano e passeggero non avremo mai pace; se invece impariamo a donare tutto quello che abbiamo e che siamo perché il nostro cuore desidera soltanto Dio e di tutto si serve per andare a Lui, allora diventiamo ricchi dei beni celesti e viviamo nella gratitudine e nel rendimento di grazie insieme con tutti i nostri fratelli. Vivendo per Dio e per gli altri, ci rinnoviamo continuamente e riceviamo più di quello che doniamo: doniamo infatti noi stessi e quindi anche la nostra povertà, ma riceviamo Colui che è il Bene infinito.